lunedì 17 ottobre 2011

CAPITOLO III - Si parte

Malvin si svegliò ancora una volta in modo brusco e agitato. Questi sogni lo stavano quasi divorando internamente, come stessero corrodendo l'intera parte razionale di Malvin. D'un tratto balenò un'idea nella sua testa appuntita. Pensava infatti, che la causa dei suoi sogni poteva essere attribuibile ai pericoli oltre le Critosin, come se avessero un'influenza malvagia e infima su lui stesso. Se la notte porta consiglio, questo di certo non era il caso di Malvin, imbottito di ancora più dubbi e timori.Come promesso da Verulest, si sentì un forte e costante battere sul portone di casa, vagliato da un bastone da passeggio.-Chi è stavolta?-disse Malvin,-Non aspetto visite!-;-Sono io, Verulest! E ho qui i tuoi compagni di avventura...ora, potresti cortesemente aprire questa porta? La temperatura qua fuori è piuttosto fastidiosa e di certo dannosa per una persona della mia età!-.Improvvisamente Malvin si rese conto che l'arrivo di Velurest il giorno prima e la sua fulminea scomparsa non erano solo un sogno. Quel semiumano aveva davvero varcato la soglia di casa e proposto un viaggio incredibile a lui. Rapido aprì la porta e abbagliato dalla luce mattutina, non notò subito i sei avventurieri dietro Velurest, ciascuno scelto in modo attento e secondo i bisogni del Ramingo.-Allora ragazzo sei pronto? Non vorrai mica partire con quella veste da notte spero! Su, va a vestirti e fa una colazione abbondante, non siamo venuti qui per aspettare te.-,-ehm, o saggio Velurest, vorrei tanto poter aiutarti in que--, -Poche chiacchiere e datti da fare! Non sono qui per ascoltare le tue moine! Per l'armamentario non preoccuparti, ho qui una buona spada e scudo di ferro forniti dal fabbro Turges...prendi provviste e abiti caldi, non sarà certo un viaggio piacevole. Ora va, il sole è arrabbiato oggi, e i miei avventurieri come ti ho detto non sono ben propensi a sopportarlo!-. Intorpidito e fiacco, Malvin pensò ancora per qualche secondo alle parole del Semiumano, ma capì che doveva vestirsi, e pigramente si diresse verso la camera.
Era quello il giorno definito dai paesani "intermedium", il dì di passaggio tra primavera ed estate; si diceva che fosse il giorno più lungo dell'anno, ma anche il più caldo.
Il sole cocente sbatteva sulle ruvide pietre squadrate della Via costringendo chiunque vi passasse a trovare un rifugio all'ombra. L'unico conforto era una leggera
brezza forse provvisoria, che portava un barlume dei freddi venti nordici. La natura era gioiosa e gli alberi si stagliavano alti e imponenti su qualunque altro essere; le case poi, sembravano piccoli focolari perennemente accesi, caldi fuori, ma gelidi dentro: Candem era come al solito bianca e rilucente. Dopo un pasto piuttosto frugale ma rinvigorente, Malvin prese i capi migliori di cui disponeva, robusti stivali di pelle semilavorata e un rozzo cappello da viaggio. Non era pronto per intrapendere un viaggio per chissà dove così all'improvviso, ma provava una certa emozione nell'andare fuori dai suoi abituali confini, che si limitavano alla fine di Via Piedestorpio. Finalmente, uscì di casa, con occhi ancora stanchi ma più reattivi, e venne presentato alla congrega radunata da Velurest. Non era difficile capire che mestiere praticassero quegli avventurieri, muniti di spade, scudi, archi e frecce. Solo uno incuriosì particolarmente Malvin, poichè non disponeva di alcuna arma, se non ti un bastone d'appoggio simile ad un ramo di un albero vecchio e stanco. Tre di loro erano guerrieri, Galestor, Sigoreth e Teledith; altri due erano arcieri, Yitar e Somerun; l'ultimo invece, di nome Teclion, non specificò la sua arte. Tutti quanti si presentarono a Malvin mostrando
sommo rispetto, conoscendo la sua discendenza.-Piacere di conoscerti, o Malvin figlio di Mellest-disse Yitar-Io e mio fratello Somerun siamo molto lieti di poterti accompagnare in questo viaggio.-. Finite le presentazioni, i mercenari si caricarono i bagagli in spalla e cominciarono ad avviarsi su per la via.-La nostra prima tappa, ci conduce alla fattoria di Conet: necessitiamo di cavalli robusti, tende e approvigionamenti poco ingombranti e duraturi. So che per alcuni di voi può sembrare una partenza brusca, ma sento che il momento per lasciare questo posto è finalmente giunto. Arrivati alla fattoria potremo discutere con calma, sempre che il buon vecchio Siclione ce lo permetta.-Disse Velurest, posizionato in cima alla compagnia. Quasi accanto a lui, camminava il misterioso Teclion, seguito
dai rapidi e silenziosi arcieri e infie Galestor, Sigoreth e Teledith. Malvin a malapena teneva il passo, e spesso era motivo di soste non necessarie. Camminarono per l'intera mattinata, senza particolari interruzioni, e non successe nulla di ragguardevole. Una volta usciti dalla città, gli eroi si trovarono in aperta campagna, accolti da ripetitivi versi di invertebrati e da un'aria più pesante e notoriamente più umida. il loro percorso seguiva il sentiero principale che sboccava dalla città, ma dopo circa due ore di viaggio, Velurest deviò completamente direzione, passando per i sorridenti campi di granoturco. Le piante erano alte e piuttosto fastidiose anche per un Umano, tant'è che la marcia fu di poco rallentata. Nessuno parlava, covava un silenzio quasi tombale interrotto solo dalle indicazioni del Semiumano, dotato di un senso d'orientamento magnificente. Malvin non riuscì nè a parlare nè a meditare su quanto stava accadendo, tanto era attento e scrupoloso a seguire i passi degli altri; inoltre non era un amante della natura e cercava unicamente sentieri dove il granoturco non avrebbe potuto sfiorarlo minimamente. La Luna stava salendo e portava con se le sue figlie, luccicanti e sparse in un cielo che andava spegnendosi. Verulest, che non avevo previsto l'idea di poter
accamparsi in aperta campagna, incitò gli altri ad aumentare il passo, lui per primo. Dopo quella che sembrava mezza ora a seguito della salita della Luna, la congrega vide un casolare posto in uno spiazzo ed accostato ad una grande stalla e quello che sembrava un contenitore di mangime e attrezzi da campo. Erano giunti alla fattoria di Siclione Conet, un anziano totalmente estraniato dalla società, e con anni di esperienza alle spalle. Il Ramingo incitò gli altri a seguirlo.
Gli eroi entrarono uno per uno nell'abitazione di Conet, accolti da un caldo ristoratore e un delizioso profumo di carne fresca e cibo da campo. Siclione apparve prima un po' turbato, data la quantità di persone che erano entrate, ma bastò una rassicurazione e un'occhiata di Verulest per placarlo.-Fate come foste a casa vostra, ma badate di non sporcare pavimenti o muri, o dovrò sopportare le prediche della mia Glelia. Prego, sedetevi dove desiderate!-disse Siclione-Le libagioni saranno qui tra breve.-. Ciascuno si mise nel posto che più gradiva, i due fratelli vicini, Teclion in disparte, Verulest a capotavola con Siclione e Malvin
accanto a Sigoreth, Galestor e Teledith. Ci fu un silenzio quasi imbarazzante: taluni cercavano di ammazzare il tempo giocherellando con le dita o pensando ad affari propri, altri si sforzavano di proferire parola ma senza risultato. Quando finalmente arrivò il cibo, un largo sorriso e un'espressione beata si stampò su tutti quanti, tremendamente affamati a causa della mancanza di un pranzo nella giornata. Il tutto venne servito in scodelle lignee e concave, in bicchieri poco pregiati, e in grandi vassoi molto capienti. Nessuno si fece molte domande su ciò che stava mangiando, tanto era grande la fame, ma di certo Malvin era sicuro che stesse mangiando carne di mucca, pancetta molto grassa e del lardo. Vi erano anche foglie di lattuga, carote e qualche pannocchia un po' annerita. Dopo un silenzioso ma
consistente pranzo e dopo una bella bevuta di vino rosso, molti si appoggiarono sullo schienale della propria sedia cercando di ascoltare seppure distrattamente cosa stessero confabulando Verulest e il contadino. In effetti, da quando erano arrivati, Siclione non aveva smesso di parlare col Semiumano, e da quanto capì Malvin, l'uno chiedeva all'altro provviste, cavalcature e sentieri rapidi da prendere, mentre l'altro era bramoso di sapere anche qualcosina sulle terre oltre i Critosin. D'un tratto Malvin si rivolse agli eroi - Ebbene? Come mai avete intrapreso questo viaggio? Spero che non siate stati trascinati da un Semiumano amico di vostro padre come me! -. Alcuni risero, e persino il tipo misterioso accennò una risatina. Malvin si accorse che Teclion non aveva mai posato il suo bastone d'appoggio.
- Io, o Malvin, vengo per rivendicare le spoglie perdute di mio padre, che mai tornò e mai è tornato in queste terre-interloqui Galestor,- Io invece sono in cerca di verità! Non possiamo restare per sempre all'ombra di quelle minacciose montagne, aspettando che prima o poi qualcosa vanga da lì e ci stermini!-disse Teledith. Poi Sigoreth - A me piace viaggiare! Lo so, può non sembrare un valido motivo, ma questa è l'occasione giusta per farsi una bella avventura-. I due arcieri sostennero che erano intenti ad affrontare questo difficile percorso poichè desiderano ardentemente poter vedere nuove specie animali, o quelchesia. Teclion
come al solito non proferì parola, ma restò pensoso e col capo chino. Finalmente Verulest, interrompendo cortesemente Siclione che lo riempiva di domande, si rivolse alla congrega - Eroi! Spero che vi siate saziati abbastanza, è giunta l'ora di riposare le nostre stanche membra. So che l'ora non è adatta, ma domani ci attende una lunga giornata e decisamente molto impegnativa..- -Puoi almeno dirci qualcosa in più su questo viaggio e sulle Critosin?-intervenne aspremente Malvin,- Insomma, ci stiamo dirigendo verso una meta non precisa e non sappiamo nemmeno cosa ci aspetta!-. Alcuni acconsentirono con Malvin accennando
col capo un "si".-Placa la tua ira, o curioso Malvin! Non posso spiegare a te e alla congrega ciò che incontreremo oltre le Critosin, poichè nemmeno io lo so-. Gli eroi rimasero alquanto sorpresi sentendo Verulest.- Voi tutti siete a conoscenza delle mie origini da "semiumano", ma ciò che non sapete è che io sono nato qui, in queste terre.. Ma ora basta parlare, ho la gola secca e le palpebre pesanti, rechiamoci a letto. Melvin si accorse che non era la prima volta che il Ramingo interrompeva discorsi riguardanti le terre oltre i Critosin. Era come se fosse in un certo senso "costretto" a non proferire parola riguardo le Terre dell'Est. Almeno questo pensava Melvin: gli altri non fecero caso alle parole di Verulest, tanto assonnati quali erano, e di lì a poco ciascuno si diresse verso delle brande appositamente preparate da Siclione. Solo Verulest rimase curvo sulla sedia a riflettere su ciò che era accaduto e su quello che avrebbero dovuto affrontare i giorni seguenti.
La notte era ormai giunta, con tutta la sua bellezza e vastezza. Le nuvole, praticamente assenti, facevano da cornice ad un mare di luci variegate alcune molto accese, altre più deboli, molte altre percorse da scie bianche o arancioni che solo un occhio acuto avrebbe potuto notare. La Luna salutava definitavamente il Sole, e lucente brillava nel cupo cielo, divenendo unico punto di riferimento per chiunque si trovasse nell'ombra. Malvin chiuse la finestra e si girò dalla parte opposta: non gradiva il cielo di notte, gli incuteva timore.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del Cap. III. Il nome del protagonista è "Malvin", anche se talvolta troverete scritto "Melvin": errore mio, mentre scrivevo il libro ho avuto qualche distrazione.

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