lunedì 17 ottobre 2011

CAPITOLO II - Proposte

Verulest era uno dei pochi esemplari, se non l'unico probabilmente, non completamente umano. Si narra infatti che poco dopo l'arrivo degli Umani nelle Terre dell'Ovest, alcuni tra i più impavidi avessero voluto superare le Critosin in cerca di verità, onore e gloria. Quelli che tornavano, davvero un numero esiguo rispetto a queli partiti, erano spesso abbagliati, impassibili e completamente inconsci di ciò che avevano passato; per questo il più delle volte venivano considerati dei pazzi da buona parte del popolo e venivano allontanati in modo rigoroso. Malvin ancora non poteva credere di aver aperto realmente la porta, tant'è che era sul punto di chiuderla se non fosse per una curva e possente figura che varcò la soglia di casa con una naturalezza non umana. L'individuo era coperto da una veste marrone e consunta,
logorata dal tempo e appositamente non lavata, ma in realtà copriva qualcosa di molto più magnificente, e Verulest s'avvide di chiudersela attorno. L'aspetto di Verulest era tutt'altro che affidabile, ma riusciva a dare una sensazione di rispetto a chiunque lo guardasse.
Malvin lo guardò negli occhi. Ciò che vide furono solo due carboni ancora ardenti, ancora vivi, ma ciò che colpì Melvin fu la profondità di tali occhi, come se celassero visioni all'uomo proibite.-Bè, vogliamo rimanere qui tutto il giorno?-disse Verulest-Perchè non andiamo in cucina e mi prepari un bel tè? Chissà se l'ospitalità di questa casa è rimasta la stessa di una volta-ammiccò il Ramingo-Va bene, seguimi-. Verulest fu condotto per le ampie e buie stanze della casa totalmente prive di decorazioni o abbellimenti, austere e troppo opprimenti per viverci, ma d'un calore ragguardevole. Una volta in cucina, Melvin preparò una sottospecie di tè, o meglio, il ricavato di qualche bustina già usata.-Zucchero?--Si grazie!-interloqui Verulest. Quest'ultimo s'apprestò a bere il tè in modo particolare, come fosse un povero vecchio dalle stanche membra e dalla labbra inaridite (che periodicamente inumidiva in modo quasi nevrotico), tuttavia lo trangugiò in poco tempo.-Allora Malvin,--Come ben sai le mie visite non sono casuali, ne scelte in precedenza, è forse il fato che mi guida, ma nel tuo caso in modo un po' più fievole. Ho saputo della scomparsa di tuo padre Mellest in una spedizione a Est, e ne sono molto dispiaciuto, ma è ora di reagire!- un'alone di tristezza percosse Melvin, che tuttavia cercò di scacciarlo sorridendo forzatamente,-Sono qui per farti una richiesta: ormai da anni molti Umani si apprestano a varcare il confine indetto dalle Critosin, ma ciò che sbagliano è la loro completa solitudine nel farlo. Avrai forse saputo di Sir Frendegard, molto audace devo dire, ma stolto nel partire da solo... Non so te, ma personalmente non l'ho più rivisto e penso che non lo rivedrò mai più. Per tale motivo, ho già riunito un drappello di esploratori ben scelti per intraprendere un viaggio verso le terre dell'Est. Ora, tu mi servi, poichè molto nota era la fama di tuo padre, e probabilmente qualcosa avrà trasmesso anche a te-,-Bè signore, so solo maneggiare spada e scudo, ciò che penso mi manchi è lo spirito d'avventura-rispose Malvin. Una sonora risata di Verulest chiuse quella frase,-Non ti preoccupare, a quello ci penso io! Ti dico solo questo, domani mattina fatti trovare sveglio qualche tempo dopo che il sole sarà sorto, ed io passerò a trovarti. Tieni il cuore stretto e le membra riposate, non sarà una visita di piacere. Detto questo, mi congedo e ti lascio il tempo di pensare...Ti saluto Malvin, figlo di Mellest!-,-Ed io saluto te Verulest, figlio di Varion, che la tua notizia porti in me conforto-riprese Melvin. La rapidità quasi sovrumana con cui Verulest lasciò la scarna tavola impressionò il semplice Malvin, il quale dopo aver sentito la porta chiudersi, meditò per molto tempo su quanto avevo udito. Di punto in bianco, il normale andazzo della giornata era stato devastato. Un "quasi" sconosciuto era entrato in casa sua, senza invito, con molta fretta e portando notizie di sicuro poco affascinanti. Era mai possibile? Poteva forse un amico del padre chiedere un favore al figlio? Malvin riflettè a lungo. Cercò di osservare l'accaduto da due punti di vista, l'uno più razionale, che ovviamente lo incitava a non smuoversi, e l'uno che era dettato dalla coscienza, che innestò nell'Umano un idea opposta al non andare. Cercando di velare a sè stesso questa improvvisa voglia di avventura, Malvin cominciò a rimuginare tra sè e sè.-Dovrei intrapendere un viaggio, di probabile non ritorno, verso una meta che non conosco, cosi, di punto in bianco? Ma per chi mi ha preso! Non sono il genere di persona, e non voglio fare la fine di tutti gli stolti che hanno superato le Critosin. E' una missione suicida, e forse Verulest lo sa, ma chissà, forse di me non gli importa nulla, forse sono solo un pezzo del suo grande puzzle- pensò Malvin. Il sole era ormai da tempo disceso sotto la linea del cielo, in un modo impercettibile, come una lacrima di fuoco che lentamente scende e svanisce. Incredulo, Malvin si accorse che avevano parlato per diverse ore, ma non capiva quando fosse passato tutto quel tempo. Con lo stomaco rigirato per la notizia, e troppo scosso per le parole sentite, Malvin digiunò, e senza neppure svestirsi, (se svestirsi sta a significare togliersi il pigiama non cambiato di mattina), si fiondò a letto pieno di pensieri, timori, e nuove emozioni. La notte passò come al solito, inizialmente calma e muta, colma di luci sparse qua e là racchiuse in piccoli insetti, ma ben presto si mutò in qualcosa di mistico e cattivo, popolata da serpenti alati e uomini con corna possenti.

NOTA: Questo è solo un abbozzo del cap. II

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